Gestire le emozioni quotidiane in ambito professionale non è facile, quotidianamente si viene esposti a una serie di stimoli, sia positivi che negativi, fonte di alti e bassi continui. Il segreto per vivere una vita serena è imparare a dominare i propri istinti e di conseguenza a comunicare meglio.
Le emozioni vanno in primo luogo riconosciute, solo allora possono essere gestite. Con l’esperienza, si arriva a riconoscere le situazioni capaci di cambiare il proprio stato d’animo, prevedendole, si possono controllare, senza dimenticare che anche chi abbiamo di fronte ha il suo bagaglio emotivo personale.
La difficoltà di mantenere la calma è fuori discussione, l’atteggiamento verso gli altri di conseguenza cambia le prospettive relazionali.
Analizzando alcuni casi, quali sono gli atteggiamenti giusti da adottare nelle diverse situazioni?
Collera. Un collega attacca il nostro operato o si spinge verso argomenti più personali, in una reazione del tutto ingiustificata. Il primo impulso è “guerra sia!”, rispondere a tono e scaricare stress e aggressività che vengono naturalmente a galla. In realtà, la calma e la sicurezza sono la migliore arma di difesa, sminuendo con indifferenza l’antipatia e la maleducazione altrui.
Ansia. Nella situazione di urgenza di una scadenza improvvisa da rispettare, l’ansia e il panico sono i primi amici che bussano alla porta, accompagnati da sconforto e la certezza di non farcela, partendo sconfitti. Non bisogna darsi per vinti ma rimanere tranquilli e non arrendersi, organizzare il lavoro in base alle priorità, farsi aiutare dai colleghi e, soprattutto, non lasciar trasparire la propria agitazione, men che meno al capo che ci ha affidato il compito.
Timidezza. Nel mondo del lavoro la timidezza è una caratteristica da gestire, prima o poi capiterà a tutti di parlare davanti a un pubblico o di presentare un progetto a una platea attenta. Per non incorrere nell’umiliazione di perdere il filo del discorso, dimenticandosi magari parti intere della presentazione, si può giocare la carta della sincerità e informare il pubblico del proprio imbarazzo. Se si instaura un buon rapporto con chi abbiamo di fronte, saranno i primi ad aiutarci, l’ambiente sarà rilassato e le domande aiuteranno a riempire i silenzi.
Tristezza. Il lavoro non va esattamente come lo avevamo prefissato, il nostro operato non solo non è apprezzato, spesso è pure sottovalutato, ma non vengono risparmiate critiche e osservazioni. Lo sconforto è automatico e del tutto normale. Se le lacrime di frustrazione iniziano a manifestarsi è meglio trattenerle e sfogarsi piuttosto a casa. L’unica cosa da fare è esprimere il proprio punto di vista con chi di dovere, in maniera garbata e senza essere aggressivi. Se ci si trova davanti una persona intelligente, riconoscerà il valore del nostro lavoro, in caso contrario, è meglio armarsi della ormai proverbiale pazienza.
Gioia. Il lavoro non è solo fonte di frustrazione, alcune volte regala gioie inaspettate, come una promozione di cui ormai si aveva perso ogni speranza. Anche la felicità, però, può essere un’arma a doppio taglio, soprattutto quando attira la gelosia altrui. Non bisogna esagerare nell’esternare la propria contentezza, sarebbe vista solo come presunzione.
E i dirigenti? Anche loro hanno i loro problemi da affrontare e maggiori responsabilità portano maggiori pensieri. Non è facile gestire umori ed emozioni di una équipe intera, il segreto del buon leader è interrogarsi sugli stati d’animo dei suoi subalterni e ascoltare le proposte di tutti, in un clima di reale e produttivo spirito di gruppo.
In generale, l’arma di salvezza è imparare a rilassarsi e annullare le tensioni, quando le reazioni sono spropositate alla reale importanza dell’accaduto, è meglio porsi per primi dei quesiti.